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Le memorie di Maigret




Le inchieste di Maigret (34)
«Lo so benissimo che questi libri sono pieni zeppi di imprecisioni tecniche. Inutile star lì a elencarle. Sappia che sono volute e gliene spiegherò la ragione ... Provi a raccontare a qualcuno una storia qualsiasi. Se non la ritocca un po', apparirà inverosimile, inventata. Con qualche aggiustatina, invece, sembrerà più vera di quanto non sia».
Enfatizzava queste ultime parole come se si trattasse di una scoperta sensazionale.
«Rendere le cose più vere di quanto non siano, tutto qua. Ed è proprio così che ho fatto con lei, Maigret: l'ho resa più vero di quanto non sia!».
Sulle prime restai senza fiato. Da quel povero commissario che ero (quello «meno vero di quanto non fosse»), non seppi cosa rispondere.
Nel frattempo il giovanotto, con ampi gesti e una punta di accento belga, cercava di dimostrarmi che le mie inchieste, così come le aveva raccontate lui, erano più plausibili – non escludo che abbia detto «più esatte» – di come le avevo vissute io.

Maigret al Picratt's




Le inchieste di Maigret (33)
È notte fonda a Pigalle, e l'insegna rossa del Picratt's, dove approdano clienti che giocano lì la loro ultima carta, si riflette sul selciato come una chiazza di sangue. Poi anche quella si spegne. Una donna dal passo malfermo entra nel vicino commissariato di rue de La Rochefoucauld. È pesantemente truccata e sotto il finto visone indossa un abito di raso nero. Ha lo sguardo di una bambina ansiosa. È una delle spogliarelliste del Picratt's. Dice di avere sentito due clienti che complottavano l'assassinio di una contessa piena di gioielli. Ma la mattina dopo, al Quai des Orfèvres, ritratta. Si era inventata tutto. Colpa della sbronza. Poche ore dopo viene trovata strangolata nel suo appartamento da casalinga orgogliosa. Allora diceva sul serio. E quando anche una contessa decaduta e morfinomane viene assassinata, Maigret non ha più dubbi. Ma allora perché nessuno, al Picratt's, ricorda quei due clienti? E perché Arlette viveva sotto falsa identità? Chi era veramente quella ragazza sempre tesa, con negli occhi qualcosa di doloroso o follemente allegro, di cui nessun uomo poteva fare a meno di innamorarsi – persino uno degli ispettori di Maigret? Insegne al neon illusorie e tentatrici, spogliarelliste senza più sogni, tossici, checche, abiezione. È Pigalle. È una di quelle giornate tetre «in cui ci si domanda cosa diavolo si è venuti a combinare sulla terra e perché ci si dà tanto da fare per restarci». E Maigret, c'è da scommetterci, scoprirà il mistero di Arlette.
Scritto a Lakeville (Connecticut) nel dicembre 1950, Maigret au Picratt's apparve l'anno successivo.

La prima inchiesta di Maigret




Le inchieste di Maigret (32)
È il 15 aprile 1913. La Polizia giudiziaria si chiama ancora Sûreté, e Jules Maigret, segretario del commissariato del quartiere Saint-Georges, non sa che sta per cominciare la sua prima indagine. Ha ventisei anni e l'aspetto di un adolescente segaligno, conosce a memoria il regolamento interno, è sposato da appena cinque mesi con una bella ragazzona piena di vitalità che ancora lo accompagna in ufficio ogni mattina, e da quando è entrato nella polizia (circa quattro anni) è passato per le mansioni più umili. E adesso, all'una e mezzo di notte, gli arriva tra capo e collo un tizio in abito da sera che gli viene a raccontare di aver sentito le urla di una donna provenire da una villa di rue Chaptal – e non una villa qualsiasi, ma la villa dei Gendreau-Balthazar, quelli del caffè Balthazar, dei negozi Balthazar, i Balthazar amici e commensali del suo capo! Così, fin dall'inizio, Maigret scoprirà che anche fra gli indagati ci sono divisioni in classi, e nei confronti di quelli che appartengono all'alta società, pur se li si sospetta di omicidio e occultamento di cadavere, è «consigliabile» avere dei riguardi a cui altri non hanno diritto: e che gli scandali, quando avvengono fra la gente bene, è meglio soffocarli. Per un momento, amareggiato, nauseato, Maigret pensa di dare le dimissioni: ma a chi, a che cosa gioverebbe? Lui comunque, grazie a questa indagine, verrà promosso ispettore.
Scritto a Tumacacori (Arizona) nell'ottobre del 1948 e pubblicato in Francia l'anno seguente, La première enquête de Maigret ci consente di tuffarci nella giovinezza dell'eroe e di ripercorrere il suo apprendistato.

Félicie




Le inchieste di Maigret (31)
Ne ha conosciuti di duri, Maigret, nella sua lunga carriera. Ma nessuno, mai, gli ha dato filo da torcere come Félicie. Strana ragazza, Félicie. Se ne va in giro con un cappello rosso adorno di una piuma verde cangiante e porta abiti ridicolmente chiassosi. È acida, ostinata e bugiarda. Irritante. Fa la cameriera, ma il termine non le piace, perché si dà arie da gran dama. E nasconde parecchi segreti. In uno di quei villaggi di cartapesta dove modesti pensionati col cappello di paglia passano il tempo in giardino a trapiantare pomodori, è stato commesso un omicidio incomprensibile, grottesco: qualcuno ha sparato a bruciapelo a Jules Lapie, un ex contabile di Fécamp, meticoloso, avaro e taciturno. Félicie lavorava per lui, ed è fermamente decisa a non collaborare con la polizia. Maigret, ormai lo sappiamo, si insinua in un'inchiesta come si infilano i piedi nelle pantofole – lo dice sempre anche il direttore della Polizia Giudiziaria. Ma questa volta non sarà facile per lui penetrare nel mondo bizzarro e claustrofobico in cui vivevano Félicie e Jules Lapie. Né seguire la pista che dal caramelloso villaggio di casette-giocattolo conduce ai sordidi giri malavitosi della zona di Pigalle. Soprattutto, non gli sarà facile capire Félicie.
Scritto a Fontenay-le-Comte nell'estate del 1941, Félicie est là apparve da Gallimard nel 1944.

Maigret va dal coroner




Le inchieste di Maigret (30)
«Non era un sogno. Era proprio lui, il commissario Maigret della Polizia Giudiziaria, che se ne stava lì, a più di diecimila chilometri di distanza da Parigi, ad assistere all'inchiesta di un coroner che, pur non indossando né giacca né gilè, aveva l'aria seria e beneducata di un impiegato di banca». L'Arizona è già il decimo stato (o l'undicesimo? Maigret ha perso il conto, sa solo che ogni volta, in Maryland come in New Jersey, nella Carolina del Nord come in quella del Sud, gli è stato solennemente consegnato un distintivo da sceriffo, uguale a quelli che si vedono nei film di indiani e cow-boy), e Tucson è solo l'ultima delle innumerevoli città piccole e grandi che il commissario attraversa, in compagnia dell'ufficiale dell'FBI incaricato di fargli da balia, nel corso del suo «viaggio di studi» americano. Il quale viaggio gli consentirà, in effetti, di apprendere parecchie cose: dal funzionamento dei «grammofoni meccanici» a quello – dal suo punto di vista assai poco convincente – della giustizia americana; da come si viaggia sulle strade del deserto a come si conduce un interrogatorio (questo, a sua volta, consentirà a Simenon di esibirsi in dialoghi martellanti, una vera goduria per il lettore). Apprenderà anche, però, che se gli americani sono gentili con tutti e a tutti sorridono e danno grandi pacche sulle spalle, tutti poi, la sera, «affogano sistematicamente la stessa nostalgia, lo stesso bisogno di impossibile» in una bottiglia di whisky – e che a volte, in una società «civile e ben organizzata» come quella americana, un delitto serve a ripristinare l'ordine costituito...
Scritto nel 1949 nella città (e nella stagione) in cui si svolge la vicenda, e apparso in Francia quello stesso anno, Maigret chez le Coroner è la seconda delle due inchieste a cui partecipa unofficially negli Stati Uniti il commissario Maigret dopo Maigret a New York.

Il morto di Maigret

Simenon ci trascina ancora una volta nelle indagini avvincenti del commissario Maigret con "Il morto di Maigret", un romanzo che ci porta nelle strade brulicanti di Parigi, tra i vicoli tortuosi e i bistrot di periferia.
Tutto ha inizio con una chiamata misteriosa che getta Maigret in un vortice di angoscia e terrore. Lo sconosciuto dall'identità incerta, braccato e minacciato, disegna con i suoi movimenti frenetici una mappa dell'angoscia che culmina con il suo orribile assassinio in place de la Concorde. Da quel momento, il destino di Maigret è segnato. Quel morto è diventato suo, un'affiliazione che il commissario accetta con determinazione e rabbia.
Il romanzo ci trascina in un'avventura avvincente mentre Maigret si dedica con toccante abnegazione a risolvere il mistero della morte dell'uomo senza nome. Con una ferma determinazione che rasenta la vendetta per la perdita di un amico, Maigret si getta nella ricerca della verità, nonostante gli ostacoli e le minacce oscure che si ergono sul suo cammino.
Maigret non è solo un investigatore, ma un abitante appassionato e fedele della città di Parigi, che si rivela qui come mai prima d'ora, con la sua atmosfera unica, le sue leggi non scritte e i suoi quartieri tanto vividi quanto oscuri. Attraverso le pagine di 'Il morto di Maigret', Simenon ci regala una Parigi vibrante e reale, una complice indispensabile nell'indagine di Maigret.
In questo romanzo, Simenon conferma il suo talento nel dipingere ritratti vividi e psicologici, sia dei personaggi che dei luoghi che abitano. "Il morto di Maigret" è un'opera che unisce il brivido del giallo con la profondità dei romanzi di carattere, regalandoci un'esperienza di lettura coinvolgente e indimenticabile.


Le inchieste di Maigret (29)
Che ci fa Maigret dietro il bancone di un bistrot di periferia, Au Petit Albert? E perché mai c'è un agente di polizia che serve ai tavoli, mentre sua moglie scrive sull'immancabile lavagnetta il plat du jour? È una lunga storia. Tutto è cominciato in una fulgida giornata di febbraio: uno sconosciuto ha chiamato Maigret dicendo di essere braccato e in pericolo di vita. Il solito burlone? Un esaltato? Ma lo sconosciuto ha continuato a chiamare, a invocare aiuto, tracciando con i suoi frenetici spostamenti fra l'Hôtel de Ville e place de la Bastille una mappa dell'angoscia, un diagramma del terrore. E quella stessa notte il corpo dell'uomo, barbaramente accoltellato e sfigurato, è stato ritrovato in place de la Concorde. Da allora il commissario non ha più pace. Quel morto gli appartiene. È suo. È il morto di Maigret – ormai lo dicono tutti. Perché era un uomo qualunque. Perché gli aveva affidato la sua vita. Con rabbiosa tenacia e toccante abnegazione – quasi si trattasse di vendicare la morte di un amico – Maigret riuscirà a dargli un nome. E si ritroverà non solo a gestire il bistrot del petit Albert, il suo morto, ma a combattere un nemico oscuro, gelido e feroce. Per fortuna, dalla sua parte c'è Parigi, mai come in questa inchiesta protagonista e amica, con i suoi profumi, le sue leggi segrete, i suoi quartieri sordidi e regali, la sua anima vibrante.
Scritto a Tucson, Arizona, nel dicembre del 1947, Maigret et son mort fu pubblicato in Francia l'anno successivo.

Cécile è morta

Simenon ci riporta nelle strade intricate di Parigi con il suo ultimo romanzo, "Cécile è morta", che tutti chiamano ormai 'La fidanzata di Maigret'. Qui, il celebre commissario si trova ad affrontare un enigma che si dipana tra le ombre di un'apparente ossessione e la crudele realtà di un delitto.
Il romanzo si apre con l'introduzione di un personaggio enigmatico, Cécile, la cui presenza fissa e misteriosa al Quai des Orfèvres incuriosisce e intriga tutti coloro che vi lavorano. Vestita sempre di nero e con un cappellino verde che pare fuori luogo, Cécile ha uno sguardo strabico che aggiunge un'ulteriore aura di mistero alla sua figura. La sua insistenza nel voler parlare con il commissario Maigret e le sue storie apparentemente prive di senso su intrusioni nella sua abitazione destano sospetti e speculazioni tra gli agenti.
Ma quando Cécile lascia un messaggio urgente preannunciando una tragedia imminente, il tono leggero delle battute si trasforma in una tensione palpabile. Il commissario Maigret si trova così di fronte a una situazione molto più seria di quanto avesse immaginato. La morte violenta della zia di Cécile e la scomparsa stessa della ragazza spingono Maigret a indagare in profondità, affrontando le contraddizioni e le bugie che emergono dalle vite delle persone coinvolte.
Con la sua prosa acuta e la sua capacità di ritrarre le atmosfere parigine, Simenon ci porta a seguire Maigret nei vicoli bui e nei salotti illuminati della città, mentre svela le sfumature psicologiche dei personaggi che popolano il romanzo. "Cécile è morta" non è solo un giallo avvincente, ma anche un ritratto affascinante delle passioni umane e dei segreti celati dietro le facciate apparentemente tranquille della vita quotidiana.


Le inchieste di Maigret (28)
«La fidanzata di Maigret»: così la chiamano ormai al Quai des Orfèvres, quella pallida zitella sempre vestita di nero, con un ridicolo cappellino verde in testa e gli occhi storti, che da sei mesi, regolarmente, chiede di vedere il commissario, e rimane seduta per ore e ore in sala d'attesa. E per che cosa, poi? Un paio di volte lui ha acconsentito a riceverla, e lei gli ha raccontato una storia senza capo né coda: qualcuno, sostiene, penetra nottetempo nell'appartamento in cui vive con la vecchia zia inferma, qualcuno che non porta via niente, ma sposta gli oggetti, fruga nel secrétaire, usa la carta assorbente... La polizia ha sorvegliato l'edificio per circa un mese, ma di notte non è mai stato visto entrare nessuno. Eppure Cécile è tornata di nuovo, e i colleghi di Maigret ci fanno su delle battute di spirito: «È innamorata di lei, commissario... Io, al posto della signora Maigret...». Lui alza le spalle e si infila nel suo ufficio: ha ben altre gatte da pelare. Ma il giorno in cui Cécile va via lasciandogli solo un messaggio: «Deve assolutamente ricevermi. Stanotte è accaduta una terribile tragedia», il commissario capisce che c'è poco da scherzare. E, come al solito, ha visto giusto: dopo poche ore scoprirà che la vecchia zia è stata strangolata, e della stessa Cécile non vi è più traccia...
Scritto nell'inverno 1939-1940 e pubblicato nel 1942, Cécile est morte venne adattato per lo schermo già nel 1944, in piena Occupazione, da Maurice Tourneur.

Maigret e la vecchia signora

In "Maigret e la vecchia signora" di Simenon, ci troviamo di fronte al celebre commissario coinvolto in un altro intricato caso, questa volta con una protagonista particolarmente affascinante: la vecchia signora Valentine, descritta come la più deliziosa e sottile che si potesse immaginare, con un volto roseo e delicato incorniciato da capelli bianchi immacolati.
Valentine è una figura sorprendente, vivace e brillante, ma anche franca sino alla brutalità. Quando viene scoperto che qualcuno ha tentato di avvelenarla con arsenico, ma ha accidentalmente colpito la giovane domestica Rose, Maigret si trova di fronte a un enigma intrigante: chi avrebbe motivo di voler fare del male a una donna così affascinante e inoffensiva?
La trama si dipana all'interno di una famiglia ricca di segreti e risentimenti, tra la figlia Arlette, dai molteplici amanti e tormentata da una bellezza inquieta, il figliastro Théo, uno snob in cerca di riconoscimento aristocratico, e l'affezionato Charles, che preferisce vivere nell'illusione di una vita tranquilla e ordinaria.
Maigret si trova così immerso in un tranquillo, ma solido inferno familiare, dove oscure verità votate all'infelicità emergono a poco a poco, rivelando risentimenti nascosti e immani egoismi.
In questo romanzo, Simenon ci offre una delle sue storie più avvincenti, intrecciando abilmente suspense e caratterizzazione psicologica, mentre Maigret si impegna a scoprire la verità dietro il tentato omicidio di una donna che ha conquistato il cuore di tutti, compreso il nostro amato commissario.


Le inchieste di Maigret (27)
Decisamente, le vecchie signore hanno un debole per Maigret. Seguono ogni sua inchiesta, conservano i ritagli di giornale, e non esitano a invocare il suo aiuto. Lo aveva già fatto Didine Hulot nella Casa del giudice – e il celebre commissario, ce lo ricordiamo tutti, si era cacciato in un mare di guai. Così, quando al suo cospetto si presenta «la vecchia signora più deliziosa che si potesse immaginare, sottile e minuta, dal volto roseo e delicato sotto i capelli di un bianco immacolato», non ci sono dubbi, c'è da temere il peggio. Tanto più che Valentine è una vecchia signora davvero sorprendente: vivace, brillante, franca sino alla brutalità. E in grave pericolo: qualcuno le ha messo dell'arsenico nel sonnifero, solo che l'ha bevuto Rose, la giovane domestica. Chi può aver cercato di uccidere una così deliziosa e inoffensiva vecchia signora, che un tempo è stata enormemente ricca ma che ormai vive di una modesta rendita nella pacifica Étretat? La figlia Arlette dai molti amanti, bella e tormentata? Il figliastro Théo, uno snob squattrinato con smanie da aristocratico inglese? O l'altro figliastro, l'affezionato Charles, che crede che la vita sia quella che si vede nelle cartoline illustrate? Un tranquillo, solido inferno familiare – oscuri segreti che votano all'infelicità, risentimenti amorosamente coltivati, immani egoismi – inghiottirà Maigret. Decisamente, è lui ad avere un debole per le vecchie signore.
Scritto a Carmel (California) nel dicembre del 1949, Maigret e la vecchia signora è apparso in Francia l'anno successivo.

Maigret a New York

In "Maigret a New York" di Simenon, ci troviamo di fronte a un Maigret in pensione che decide, contro ogni logica e abitudine, di abbandonare la tranquilla routine della sua casetta a Meung-sur-Loire per affrontare l'avventura e il caos di New York. Una decisione che lo carica di rimpianti fin dal momento della partenza, considerando ciò che lascia alle spalle: le partite a carte con gli amici e l'atmosfera familiare della sua casa.
La Grande Mela si presenta a Maigret come un mondo ostile, dove i grattacieli e le luci sfavillanti celano una realtà di miseria e disumanità. Un'immagine emblematica del progresso è rappresentata dal "fonografo automatico", simbolo di un mondo che produce ricchezza a scapito della genuinità e dell'umanità.
Al centro della trama ci sono due musicisti francesi, J e J, arrivati a New York con sogni e speranze, ma ora ridotti alla miseria. La vicenda ruota attorno agli "occhi gelidi" di Little John, un ex violinista diventato ricco, dietro i quali si nasconde una durezza d'animo o forse solo disperazione.
Maigret si trova coinvolto in un intricato intreccio di eventi: l'omicidio di un sarto italiano anziano e la misteriosa scomparsa dell'ex clarinettista e di una ragazza tormentata dalla tragedia, Jessie. Il commissario, fedele al suo metodo basato sui fatti anziché sui pensieri, si immerge nell'indagine, scontrandosi con personaggi variopinti che popolano il mondo caotico di New York.
Ad aiutarlo (o a confonderlo ulteriormente) ci sono un poliziotto ironico e sagace dai capelli rossi, un ex clown con un passato burrascoso e due vecchi artisti che vivono di ricordi in un mondo al di fuori del tempo e della realtà.
"Maigret a New York" non è solo un giallo avvincente, ma anche uno sguardo affascinante sulla società e sulla condizione umana, attraverso il filtro dell'esperienza e della sensibilità uniche del celebre commissario.


Le inchieste di Maigret (26)
Come si fa a essere tanto idioti da lasciarsi convincere a partire per l'America rinunciando alle partite a carte con gli amici e alla casetta di Meung-sur-Loire odorosa di frutta e di buon brasato? Eppure il pensionato Maigret ci casca, e parte già carico di rimpianti. Lo attende un mondo in cui tutto gli apparirà ostile: un mondo di grattacieli e luci sfavillanti, ma anche di miseria. E a volte la miseria cancella ogni traccia di umanità. Emblema del progresso: il «fonografo automatico», che trasmette musica da quattro soldi ma rende milioni di dollari. La musica è del resto il tema che sottende l'intera vicenda. Al centro, due musicisti francesi squattrinati, J and J, giunti trent'anni prima a New York con un violino, un clarinetto e tante speranze nel cuore. Perno della soluzione: gli «occhi gelidi» di Little John, l'ex violinista che ha fatto denaro a palate. Che cosa si nasconde dietro quegli occhi? Durezza d'animo o disperazione? Su questo dilemma si basa in gran parte l'indagine di Maigret, che, come sempre, «non pensa» (così almeno dice), ma si attiene rigorosamente ai fatti: l'assassinio di un vecchio sarto italiano, e la misteriosa scomparsa dell'ex clarinettista e di una ragazza, Jessie, vissuta sempre nella tragedia. A dargli una mano (o a confondergli le idee), un poliziotto ironico e sagace dai capelli rossi e dalla testa da montone, un ex clown con le lacrime in tasca e la sbronza facile, e due vecchi «artisti» che campano di ricordi in un mondo fuori del tempo e della realtà.
Pubblicato dalle Presses de la Cité nel 1947, Maigret à New York è la prima della lunga serie delle inchieste del commissario che Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989) scrisse durante i dieci anni del suo soggiorno americano.

Il mio amico Maigret

In "Il mio amico Maigret" di Simenon, ci troviamo di fronte a un Maigret insolitamente messo alla prova. E chi l'avrebbe mai detto che Scotland Yard avrebbe mandato un loro ispettore a Parigi per studiare i suoi metodi investigativi? Un'irritante situazione per Maigret, che si trova ora ad avere l'insopportabile ombra di Pyke sempre alle calcagna. Ma la tranquillità di Parigi viene interrotta dall'omicidio di Marcellin, un piccolo malvivente che viveva su una barca a Porquerolles. E perché dovrebbe Maigret interessarsi a un delitto così lontano? Semplice, Marcellin affermava di essere suo amico, e tutti credono che sia stato ucciso per questo legame. Così, Maigret si trova costretto ad affrontare un'inchiesta al sole di Porquerolles, accompagnato, ovviamente, da Pyke.
La trama ci conduce in una pittoresca isola mediterranea, dove le case bianche e rosa sono ombreggiate da palme e tamerici. Non sembra certo il luogo ideale per un barbaro omicidio, ma la realtà si dimostra diversa. Maigret si trova ad affrontare due compiti impegnativi: condurre un'indagine accurata per non deludere Pyke, desideroso di godersi il sole e la pipa, e comprendere la strana comunità che si è smarrita in quella suggestiva atmosfera.
Maigret, con il suo "metodo" unico, percepisce moltissime cose, ma tutto appare ancora avvolto da una nebbia di idee. Come spiegarlo al suo collega britannico? Maigret confessa candidamente a Pyke di pensare così poco. E in effetti, come potrebbe spiegare il suo "metodo Maigret"? È forse un misto di intuito, osservazione e comprensione umana, un insieme di elementi difficili da racchiudere in una spiegazione razionale.
"Il mio amico Maigret" ci regala un'avventura avvincente nella quale il celebre commissario si trova a esplorare non solo un omicidio, ma anche le complessità della mente umana e delle relazioni interpersonali, il tutto condito dal suo inconfondibile stile investigativo.


Le inchieste di Maigret (25)
Chi l'avrebbe detto? A Scotland Yard conoscono Maigret e s'interessano ai suoi metodi. Sino al punto di inviare a Parigi l'ispettore Pyke per un soggiorno di studio. Bella seccatura. Già, perché Pyke è gentile, discreto, ma segue Maigret come un'ombra. Osserva tutto e sembra registrare tutto. Insomma, è insopportabile. Fra l'altro non c'è una sola inchiesta all'orizzonte. Almeno sino a quando a Porquerolles non viene ucciso Marcellin, un piccolo malvivente che vive su una barca. E perché mai Maigret dovrebbe occuparsi di un delitto commesso in una lontana isoletta del Mediterraneo? Semplice: perché Marcellin sosteneva di essere suo amico, e tutti sono convinti che l'abbiano ammazzato proprio per questo. Non gli resta dunque che partire alla volta di Porquerolles. Insieme a Pyke, ovviamente. Certo, pare impossibile che fra quelle case bianche e rosa ombreggiate da palme, mimose e tamerici sia stato commesso un barbaro omicidio. Eppure è così, e due difficili compiti attendono il commissario: condurre una vera inchiesta per non deludere Pyke – mentre lui vorrebbe solo starsene in piazza al sole a fumare la pipa, o gironzolare per il porto guardando i pescatori – e, soprattutto, capire l'eccentrica comunità che in quell'atmosfera inebriante ha deciso di smarrirsi. Il problema è che Maigret sente qualcosa – anzi, sente un mucchio di cose –, ma per il momento è solo una fitta nebbia di idee. Come spiegarlo a quel collega so british? «Sa,» dice a Pyke «io penso così poco». D'altro canto, si può mai spiegare il «metodo Maigret»?
Scritto in Arizona nel febbraio del 1949, Il mio amico Maigret fu pubblicato in quello stesso anno.

Firmato Picpus

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Le vacanze di Maigret

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L’ispettore Cadavre

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I sotterranei del Majestic

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