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Il mio amico Maigret




Le inchieste di Maigret (25)
Chi l'avrebbe detto? A Scotland Yard conoscono Maigret e s'interessano ai suoi metodi. Sino al punto di inviare a Parigi l'ispettore Pyke per un soggiorno di studio. Bella seccatura. Già, perché Pyke è gentile, discreto, ma segue Maigret come un'ombra. Osserva tutto e sembra registrare tutto. Insomma, è insopportabile. Fra l'altro non c'è una sola inchiesta all'orizzonte. Almeno sino a quando a Porquerolles non viene ucciso Marcellin, un piccolo malvivente che vive su una barca. E perché mai Maigret dovrebbe occuparsi di un delitto commesso in una lontana isoletta del Mediterraneo? Semplice: perché Marcellin sosteneva di essere suo amico, e tutti sono convinti che l'abbiano ammazzato proprio per questo. Non gli resta dunque che partire alla volta di Porquerolles. Insieme a Pyke, ovviamente. Certo, pare impossibile che fra quelle case bianche e rosa ombreggiate da palme, mimose e tamerici sia stato commesso un barbaro omicidio. Eppure è così, e due difficili compiti attendono il commissario: condurre una vera inchiesta per non deludere Pyke – mentre lui vorrebbe solo starsene in piazza al sole a fumare la pipa, o gironzolare per il porto guardando i pescatori – e, soprattutto, capire l'eccentrica comunità che in quell'atmosfera inebriante ha deciso di smarrirsi. Il problema è che Maigret sente qualcosa – anzi, sente un mucchio di cose –, ma per il momento è solo una fitta nebbia di idee. Come spiegarlo a quel collega so british? «Sa,» dice a Pyke «io penso così poco». D'altro canto, si può mai spiegare il «metodo Maigret»?
Scritto in Arizona nel febbraio del 1949, Il mio amico Maigret fu pubblicato in quello stesso anno.