Maigret a New York

In "Maigret a New York" di Simenon, ci troviamo di fronte a un Maigret in pensione che decide, contro ogni logica e abitudine, di abbandonare la tranquilla routine della sua casetta a Meung-sur-Loire per affrontare l'avventura e il caos di New York. Una decisione che lo carica di rimpianti fin dal momento della partenza, considerando ciò che lascia alle spalle: le partite a carte con gli amici e l'atmosfera familiare della sua casa.
La Grande Mela si presenta a Maigret come un mondo ostile, dove i grattacieli e le luci sfavillanti celano una realtà di miseria e disumanità. Un'immagine emblematica del progresso è rappresentata dal "fonografo automatico", simbolo di un mondo che produce ricchezza a scapito della genuinità e dell'umanità.
Al centro della trama ci sono due musicisti francesi, J e J, arrivati a New York con sogni e speranze, ma ora ridotti alla miseria. La vicenda ruota attorno agli "occhi gelidi" di Little John, un ex violinista diventato ricco, dietro i quali si nasconde una durezza d'animo o forse solo disperazione.
Maigret si trova coinvolto in un intricato intreccio di eventi: l'omicidio di un sarto italiano anziano e la misteriosa scomparsa dell'ex clarinettista e di una ragazza tormentata dalla tragedia, Jessie. Il commissario, fedele al suo metodo basato sui fatti anziché sui pensieri, si immerge nell'indagine, scontrandosi con personaggi variopinti che popolano il mondo caotico di New York.
Ad aiutarlo (o a confonderlo ulteriormente) ci sono un poliziotto ironico e sagace dai capelli rossi, un ex clown con un passato burrascoso e due vecchi artisti che vivono di ricordi in un mondo al di fuori del tempo e della realtà.
"Maigret a New York" non è solo un giallo avvincente, ma anche uno sguardo affascinante sulla società e sulla condizione umana, attraverso il filtro dell'esperienza e della sensibilità uniche del celebre commissario.


Le inchieste di Maigret (26)
Come si fa a essere tanto idioti da lasciarsi convincere a partire per l'America rinunciando alle partite a carte con gli amici e alla casetta di Meung-sur-Loire odorosa di frutta e di buon brasato? Eppure il pensionato Maigret ci casca, e parte già carico di rimpianti. Lo attende un mondo in cui tutto gli apparirà ostile: un mondo di grattacieli e luci sfavillanti, ma anche di miseria. E a volte la miseria cancella ogni traccia di umanità. Emblema del progresso: il «fonografo automatico», che trasmette musica da quattro soldi ma rende milioni di dollari. La musica è del resto il tema che sottende l'intera vicenda. Al centro, due musicisti francesi squattrinati, J and J, giunti trent'anni prima a New York con un violino, un clarinetto e tante speranze nel cuore. Perno della soluzione: gli «occhi gelidi» di Little John, l'ex violinista che ha fatto denaro a palate. Che cosa si nasconde dietro quegli occhi? Durezza d'animo o disperazione? Su questo dilemma si basa in gran parte l'indagine di Maigret, che, come sempre, «non pensa» (così almeno dice), ma si attiene rigorosamente ai fatti: l'assassinio di un vecchio sarto italiano, e la misteriosa scomparsa dell'ex clarinettista e di una ragazza, Jessie, vissuta sempre nella tragedia. A dargli una mano (o a confondergli le idee), un poliziotto ironico e sagace dai capelli rossi e dalla testa da montone, un ex clown con le lacrime in tasca e la sbronza facile, e due vecchi «artisti» che campano di ricordi in un mondo fuori del tempo e della realtà.
Pubblicato dalle Presses de la Cité nel 1947, Maigret à New York è la prima della lunga serie delle inchieste del commissario che Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989) scrisse durante i dieci anni del suo soggiorno americano.

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